domingo, 27 de mayo de 2012

Incontro "Pronunce Diverse"

Ieri, organizzato per il CTP 66 Martiri (dove ho imparato l'italiano) e la Biblioteca Civica Pablo Neruda di Grugliasco, c'è stato l'incontro "Pronunce Diverse" in cui gli studenti-autori stranieri e italiani abbiamo letto i nostri racconti. Alcuni erano saggi, altri erano racconti e altri erano esperienze autobiografiche. Tutti questi brani sono stati scritti in italiano, non nella lingua madre degli autori e poi tradotti, un importante sforzo per tutti noi. Le persone che hanno partecipato e i suoi racconti sono:
  • Roza Larissa Ramos de Oliveira (Brasil), Della rinascita
  • Sadakat Ali Hydari (Afganistan), L'amore che ci tiene
  • Sonia Yaich (Tunisia), Ti voglio bene, Papà
  • Ezzohra Abou El Iman (Marocco), Una famiglia felice
  • Alina Ramona Caraba (Romania), L'incontrai mentre scendevo le scale
  • Andreea Ciobotaru (Romania), L'incontrai mentre scendevo le scale
  • Yolanda Gil Jaca (Spagna), L'incontrai mentre scendevo le scale
  • Giuseppe Galina (Italia), Legalità
  • Tamara Polekhivska (Ucraina), Il mio paese che non esiste più
  • Mira Ristic (Italia), La cultura Rom
  • Fatima Ataoui (Marocco), Le lacrime di una donna
  • Ganga Fernando (Indonesia), Il fiume
Vi lascio qua il mio racconto, un giallo. Per scriverlo, la nostra insegnante ci ha datto la prima frase "L'incontrai mentre scendevo le scale...", frase tratta da "Incontro" di Guccini, e partendo da essa dovevamo scrivere quello che ci venisse (perciò nella lista dei racconti letti ci sono tre con lo stesso titolo).




“LO INCONTRAI MENTRE SCENDEVO LE SCALE…

…era il mio senso di colpa. Non avevo previsto che l’avrei avuto. Anzi, ero così convinta di fare una cosa giusta e che non avrebbe avuto nessuna conseguenza su di me, che mi sentivo molto soddisfatta. Invece no, scendendo le scale quel giorno sentii il profumo delle petunie della mia vicina. Quello era lo stesso profumo che si annusava dalla Signora Benedetta. Lei era una vecchia e ricca donna della borghesia torinese e io feci la badante per lei per circa un anno. Da lei tutto era vietato: non si poteva parlare a voce alta, non si poteva cantare mentre si facevano le faccende, non si poteva entrare con le scarpe, non si potevano tirare troppo in sù le persiane perché il sole poteva rovinare il colore dei mobili, non si poteva spreccare l’acqua, ne l’elettricità,... Insomma, era un posto triste da dove la vita era fuggita tanto tempo prima.

Avevo trovato quel lavoro per caso: la ragazza che lo faceva prima se ne andava, non ce la faceva più e io ero disperata. Mio marito era caduto da un ponteggio e si era rotto la gamba e, siccome lui fa l’imbianchino autonomo dovevamo vivere praticamente dei soldi che guadagnavo io. Quella casa era l’inferno, più cattiva di quella donna non poteva esserci al mondo. Mi trattava come se fossi la sua schiava: mi insultava, mi sgridava e mi picchiava con il suo bastone. Non lo raccontai mai a mio marito, mi avrebbe detto di lasciarla, ma i soldi ci servivano, quindi resistetti. Mi fece piangere tante volte quando mi diceva che ero una disgraziata e una meridionale morta di fame e che dovevo ringraziarla perché lei mi permetteva di stare al suo servizio. Riusciva a farmi sentire inferiore a tutti. Dopo le due prime settimane di lavoro mi resi conto che la odiavo. Mai avevo sentito prima un’avversione così forte. Ma inghiottivo la rabbia, l’unico mio pensiero era arrivare, fare il mio lavoro diventando il più invisibile possibile e andarmene. Sopportai tutte le sue vessazioni e, nel frattempo, mangiai tanta ira che alla fine il mio cervello cominciò, quasi senza rendermi conto, ad elaborare un piano. Volevo farle pagare tutto quello che mi stava facendo, ma anche quello che aveva fatto alle badanti precedenti e quello che avrebbe potuto fare alle successive. Fare qualcosa mentre lavoravo per lei non aveva senso, sarei stata la prima sospetta. Sono figlia d’un carabiniere e questo lo sapevo. Quindi, pensando che la vendetta è un piatto che si serve freddo, decisi di agire una volta che avessi lasciato quel lavoro.

Nel momento in cui mio marito tornò al lavoro, io potei pensare di lasciare quella casa. Feci un duplicato delle chiavi cosicché il giorno che me ne sarei andata, le avrei consegnato il mazzo originale e avrei tenuto il duplicato. La Signora Benedetta, come saluto, mi disse che meno male che me ne andavo perché non ero stata capace di imparare niente e che ogni giorno aveva dovuto dirmi come fare le cose.

Dopo questo, non la sentii più, non tornai mai da lei. Quattro mesi dopo essermene andata, cioè, tre anni fa, capii che era il momento della vendetta. La Signora Benedetta era abitudinaria, quindi ero assolutamente certa che quella sera sarebbe andata al letto alle 21.30, avrebbe preso il suo sonnifero e si sarebbe addormentata fino alle 5.00. Lasciai tutto pronto e a mezzanotte mi alzai dal letto. Siccome mio marito arriva dal lavoro esausto, sapevo che non si sarebbe accorto di nulla. Tutto quello che sentivo quando vivevo in caserma e quello che avevo letto nei gialli da ragazzina, ora mi serviva per non lasciare traccia. Presi la macchina, guidai fino alla Collina e parcheggiai in una via vicina a quella della Signora Benedetta. Arrivai a casa sua, la solitudine della villetta fu mia complice. Entrai e andai direttamente, coltello in mano, nella sua camera. Era lì, sdraiata, stava dormendo, indifesa, vulnerabile come ogni persona. Tre decise coltellate nel cuore, non di più, per non far capire che l’assassino fosse una donna. Pensavo che avrei provato sollievo, invece provai un grande vuoto. Comunque, feci cadere qualche oggetto, misi in disordine alcuni cassetti e, alla fine, mi portai dietro i gioielli che c’erano a portata di mano e il contante, in modo che sembrasse una rapina. Quando uscii, ruppi il vetro d’una finestra, dall’esterno cosicchè i vetri cadessero all’interno della stanza. Lei si meritava questa brutta fine e io guidai la macchina tornando a casa soddisfatta perché avevo fatto giustizia.

Da quel giorno non mi sono dimenticata di quello che avevo fatto, assolutamente, ma ero tranquilla. Lessi sul giornale la notizia e poi quello che la Polizia aveva detto, cioè che era stata una rapina, che la vecchia si era svegliata e il ladro, per timore che lei gridasse, l’aveva uccisa. Vidi anche il suo necrologio su La Stampa.

Ora invece è diverso, Padre Antonio, lo sa che sono incinta e tutti gli odori li sento accresciuti. E il profumo delle petunie e il bambino che porto mi hanno fatto capire che non posso andare avanti con questo pesante carico da sola. È per questo che volevo confessarmi. Quella donna era cattiva, ma anch’io lo sono diventata. Pensavo di essere una buona persona, invece non lo sono, solo Dio decide quando deve morire ognuno di noi, ma io vorrei l’assoluzione.”

“Ma, Lucia, figliola, non c’è penitenza che ti possa assolvere di questo crimine che commettesti” – rispose il Prete – “E capisco che tu non voglia confessarlo alla Polizia”

“Certo, Padre Antonio, io porto una nuova vita dentro e non posso andare in carcere, morirei se mi togliessero il bambino. E so che questa croce la dovrò portare tutta la mia vita, ma so che Lei mi aiuterà, perché Lei è buono”

“D’accordo, figliola, per espiare la tua colpa cercherò qualcosa da farti fare, come volontaria ci sono tanti lavori aiutanto agli altri. Per ora, però, recita dieci Padre nostro e cinque Ave Maria. Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen”

sábado, 26 de mayo de 2012

Encuentro "Pronunce Diverse"

Hoy, organizado por el CTP 66 Martiri (donde estudio italiano) y la Biblioteca Civica Pablo Neruda de Grugliasco, se ha celebrado el encuentro "Pronunce Diverse" en el que estudiantes-autores extranjeros hemos leído nuestros relatos. Algunos eran ensayos, otros relatos y otros experiencias autobiográficas. La característica de todos ellos es que han sido escritos en italiano, todos hemos hecho el esfuerzo de escribir en la nueva lengua que hemos tenido la fortuna de aprender. A continuación os dejo mi relato. En italiano éste género se llama giallo (amarillo), en español es negro. Para escribirlo, nuestra profesora de italiano nos dió la primera frase "Lo encontré cuando bajaba por las escaleras...", frase sacada de la canción  "Incontro" del cantautor italiano Guccini, y a partir de ella teníamos que escribir lo que se nos ocurriera.

     
    "Lo encontré cuando bajaba por las escaleras, era mi sentimiento de culpa. No había previsto que lo tendría. Es más, estaba tan convencida de hacer algo justo y que no habría tenido consecuencias sobre mí, que me sentía muy satisfecha. Sin embargo, bajando las escaleras ayer, sentí el aroma de las petunias de mi vecina. Ese era el mismo perfume que se olía en casa de la Señora  Benedetta. Ella era una vieja y rica mujer de la burguesía turinesa y yo trabajé en su casa haciendo las faenas casi un año. En su casa todo estaba prohibido: no se podía hablar en voz alta, no se podía cantar mientras se hacían las labores, no se podía entrar con los zapatos, no se podía levantar mucho las persianas, porque el sol estropeaba el color de los muebles, no se podía derrochar el agua, ni la electricidad,… En resumen, era un lugar triste de donde la vida había huido hacía mucho tiempo.
 Encontré aquel trabajo por casualidad: la chica que lo hacía se iba, no podía más, y yo estaba desesperada. Mi marido se había caído de un andamio y se había roto la pierna, y, como es un pintor autónomo, teníamos que vivir prácticamente del dinero que ganaba yo. Aquella casa era un infierno, mujer más mala que aquella puede haber en el mundo. Me trataba como si fuese su esclava: me insultaba, me gritaba y me pegaba con el bastón. No se lo conté nunca a mi marido, me habría dicho que me fuera, pero el dinero nos hacía falta, así que aguanté. Me hizo llorar muchas veces cuando me decía que era una desgraciada y una meridional1 muerta de hambre y que tenía que agradecerle que ella me permitiera estar a su servicio. Conseguía hacerme sentir inferior a todos. Después de las dos primeras semanas de trabajo me di cuenta de que la odiaba. Nunca había sentido una aversión así de fuerte. Pero tragaba la rabia, mi única idea era llegar, hacer mi trabajo volviéndome lo más invisible posible y marcharme. Aguanté todas sus vejaciones y, mientras tanto, tuve que aguantar tanto la ira que, al final, mi cerebro empezó, casi sin darme cuenta, a elaborar un plan. Quería hacerle pagar todo lo que estaba haciendo, pero también lo que había hecho a las chicas anteriores y lo que pudiera hacer a las siguientes. Hacer algo mientras trabajaba allí no tenía sentido, habría sido la primera sospechosa. Soy hija de un carabiniere2 y esto lo sabía. Así que, pensando que la venganza es un plato que se sirve frío, decidí actuar una vez que hubiera dejado aquel trabajo.
 Cuando mi marido volvió a trabajar, empecé a pensar en marcharme de aquella casa. Hice un duplicado de las llaves, de modo que el día que me marchara, le daría el mazo original y me quedaría con la copia. La Señora Benedetta, como despedida, me dijo que menos mal que me iba, porque no había sido capaz de aprender nada y que cada día me había tenido que decir cómo hacer las cosas.
Después de aquello, no supe nada más de ella. Cuatro meses después de irme, es decir, hace tres años, me pareció que el momento de la venganza había llegado. La Señora Benedetta era rutinaria, así que sabía a ciencia cierta que esa noche se habría ido a dormir a las 21.30, se habría tomado el somnífero y se habría dormido hasta las 5.00 de la madrugada. Dejé todo listo y, a medianoche, me levanté de la cama. Como mi marido llega agotado del trabajo, sabía que él no se daría cuenta de nada. Lo que escuchaba cuando vivía en la casa-cuartel y lo que leía en las novelas negras de jovencita ahora me venía bien para no dejar huella. Cogí el coche, conduje hasta la Colina3 y aparqué en una calle cercana a la de la Señora Benedetta. Llegué a su casa, la soledad de la villa fue mi cómplice. Entré y fui directamente, cuchillo en mano, a su habitación. Allí estaba, tumbada, durmiendo, indefensa, vulnerable como cualquier persona. Tres cuchilladas precisas en el corazón, ni una más, para que no se pudiera deducir que el asesino era una mujer. Pensaba que sentiría alivio, sin embargo sentí un gran vacío. Aún así, tiré algunos objetos, desordené algunos cajones y, por último, me llevé las joyas que había a mano y el dinero, de modo que pareciera un robo. Al salir, rompí el cristal de una ventana, desde afuera, así los cristales caían en el interior de la casa. Ella se merecía un final así de feo y conduje volviendo a casa satisfecha porque había hecho justicia.
Desde aquel día no me he olvidado de lo que hice, para nada, pero estaba tranquila. Leí en el periódico la noticia y lo que había dicho la Policía: que había sido un robo, que la vieja se había despertado y el ladrón, por temor a que gritara, la había matado. También vi su esquela en La Stampa4.
 Pero ahora es diferente, Padre Antonio, sabe que estoy embarazada y que todos los olores los noto más. Y el aroma de las petunias y el niño que llevo me han hecho entender que no puedo seguir adelante con esta pesada carga yo sola. Por eso quería confesarme. Aquella mujer era mala, pero yo también. Pensaba que era buena persona, sin embargo no lo soy, solo Dios decide cuándo debe morir cada uno de nosotros, pero yo querría la absolución.”
 “Pero, Lucía, hija mía, no hay penitencia que te pueda absolver del crimen que cometiste” – respondió el cura – “Y entiendo que no quieras confesarlo a la Policía”
 “Cierto, Padre Antonio, llevo una nueva vida dentro y no puedo ir a la cárcel, me moriría si me quitasen el bebé. Sé que esta cruz la tendré que llevar de por vida, pero sé que usted me ayudará, porque es bueno”
 “De acuerdo, hija mía, para espirar tu culpa buscaré algo que puedas hacer, como voluntaria hay mucho que hacer ayudando a los demás. Pero, por ahora, reza diez Padre Nuestro y cinco Ave Maria. Yo te absuelvo de tus pecados, en el nombre del Padre, del Hijo y del Espíritu Santo.”

1meridional: modo en que se conoce a la gente nacida en el Sur de Italia al norte, en ocasiones, se usa en modo despectivo

2carabiniere: cuerpo de seguridad italiano equivalente a la Guardia Civil Española

3La Colina: zona de villas de Turín donde vive la gente más adinerada

4La Stampa: periódico italiano de tirada nacional pero con sede central en Turín.

jueves, 17 de mayo de 2012

LA PRIMERA LUZ DE LA MAÑANA

Acabo de saber que en España han publicado ya la última novela del italiano Fabio Volo (escritor, actor, presentador de TV y radio... polifacético). Yo la leí en enero (ya hice en su día la reseña  http://elarcondelasmilcosas.blogspot.it/2012/03/le-prime-luci-del-mattino.html) y me gustó bastante. Doy por hecho que la traducción estará bien hecha y no habrá perdido su frescura, así que traduzco la reseña para quien pueda estar interesado.

Título: La primera luz de la mañana
Autor: Fabio Volo
Género: Novela
Editorial: Plaza & Janes

SINOPSIS:"Un día, de modo natural, todo cambió. Y nada volvió a ser como antes".

Todo el mundo de certezas y seguridades de Elena queda barrido y aniquilado cuando permite, por primera vez, que el deseo y la pasión irrumpan en su vida con una fuerza que jamás habría imaginado. Es un salto a lo prohibido que la obliga a replantearse su matrimonio y ese futuro tan ordenado y rutinario que sin querer se ha construido para complacer a todos menos a sí misma. Quizá merezca algo más. Quizá también ella tenga derecho a la felicidad. Basta con encontrar el valor para probar, para lanzarse sin miedo a equivocarse.

"Durante años estuve esperando que mi vida cambiase, pero ahora sé que era ella la que esperaba que cambiase yo."

RESEÑA:

La primera luz de la mañana es un libro muy fácil de leer, por el estilo fresco del autor. Es Elena, la protagonista, quien nos narra su historia, se intercalan en el relato los flash-back y las páginas de su diario personal y es este estilo, a base de pequeños relatos, el que hace que el libro se haga más ligero y agradable de leer. Elena se da cuenta de que su matrimonio ya no es lo que se esperaba, se siente atrapada, y al final decide dar el paso para cambiar y buscar la felicidad. Así, encuentra un amante, sin querer, que la llevará a un mundo de placer. En mi opinión, durante el relato, al autor le traiciona su masculinidad, sobre todo en las escenas eróticas y en la reacción final de Elena ante su  enigmático amante. No querría revelar nada de la trama, así que no digo nada más sobre este asunto, jeje. Al final, la Elena de antes, rutinaria y que tenía todo planificado y bajo control, encuentra la mujer que estaba escondida en su interior, más segura y más libre, y encuentra también el hombre adecuado, en resumen, encuentra la felicidad que no tenía en su matrimonio. Una historia para mujeres con final feliz (pero sin ñoñerías).

Hay algunas parte muy buenas, como el momento en que Elena se defiende ante un compañero de trabajo imbécil. Harta de que un compañero se sonría cada vez que el jefe la felicite y justo después de una reunión, lo pilla por banda, cara a cara y sin testigos, y le avisa de que "como siga tocándole las pelotas, se va a convertir en ...un auténtico problema para él:
- ¿Me estás amenazando? – le pregunta él
- No, no es una amenaza, es una promesa. Entiendo que para ti sea difícil de aceptar que el jefe me confíe proyectos si no me he acostado con él y no porque hago bien mi trabajo. Sólo un imbécil como tú puede llegar a pensar que yo me acueste con alguien para trabajar. El día que decida abrirme de piernas por interés, créeme, lo haré para quedarme en casa, no para seguir levantándome a las siete de la mañana. Por mi parte, la discusión termina aquí. Esta vez queda entre tú y yo. La próxima sonrisita o comentario de los huevos te desgarro delante de todos. Adiós y que vaya bien.
- Escucha…
- Binetti, cállate. Hoy no es tu día"

Muy recomendable y entretenido, que al final, de eso se trata, de pasar un buen rato leyendo.

miércoles, 16 de mayo de 2012

Flores / Fiori

No sé si, desde que hice el curso de fotografía, tengo más entrenado el ojo para mirar mejor y fijarme más en cosas en las que antes ni reparaba. O simplemente que he necesitado muchas primaveras para darme cuenta de que, efectivamente, Mayo se llama "el mes de las flores" porque las flores están en todo su esplendor. Y prueba de ellos son las fotos que he ido haciendos estos últimos días por nuestro barrio. Lamento no poder decir cómo se llaman cada una de las flores, reconozco que soy una ignorante en lo que a flores se refiere. Agradeceré que el que las conozca, si tiene tiempo y ganas, me lo diga.

Non so se, da quando ho fatto il corso di fotografia, ho l'occhio più allenato per guardare un po' meglio e le cose che prima non attiravano la mia attenzione, adesso lo fanno. Oppure, semplicemente ci volevano tante primavere perché io mi rendessi conto che, effettivamente, Maggio lo chiamano "il mese dei fiori" perché i fiori sono stupende in questo periodo. Questo lo dimostrano le foto che ho scattato negli ultimi giorni nel nostro quartiere. Mi dispiace non poter dire il nome di ogni fiore, accetto che sono un'ignorante del mondo dei fiori. Ringrazierò quello che, avendo voglia e tempo, mi dica i loro nomi se li sa.

01. Rosa

02. Flores amarillas / Fiori gialli

03. Flores blancas / Fiori Bianchi

04. En el jardín del vecino / Nel giardino del vicino

05. Desde el suelo / Da terra

06. Flor grande / Fiore grande

07. El detalle / Il particolare

08. Azul / Azurro

09. Muchas flores pequeñas / Tanti piccoli fiori

 
10. Morada y blanca / Viola e bianco

11. Pequeñas rosas / Piccole Rose

12. Las calas de nuestro jardín / Le calle nel nostro giardino

13. Una de nuestras rosas / Una fra le nostre rose

14. Flores silvestres en nuestro jardín / Fiori silvestri nel nostro giardino

15. Más rosas / Ancore delle rose

16. Cisne / Cigno


17. Amarillas / Gialli

18. Hortensia aún verde / Ortensia ancora verde

19. Otra hortensia / Ancora un'altra ortensia

20. Arco con rosas / Arco con delle rose

21. Blancas / Bianchi


22. Pequeñas pero bonitas / Piccole ma carine

23. Rosa rosa

miércoles, 9 de mayo de 2012

Ensaladilla rusa

Seguimos en plena temporada de guisantes y, además, parece que quiere empezar el buen tiempo, así que yo creo que ya toca hacer una ensaladilla rusa. Este plato es internacional, iba decir que cada país o región tiene su versión, pero la realidad es que cada uno tenemos nuestra versión preferida. La mía es ésta. ¡Ah! Y un dato de culturilla general: según me confirmaron mis compañeras rusas del curso de italiano, la ensaladilla rusa en Rusia no se llama así, se llama ensalada francesa.


INGREDIENTES:

1 Kg de guisantes frescos (desgranados se quedan en unos 400 g)
400 g de patatas
400 g de zanahoria
4 huevos
1 lata de atún grande
1 lata de aceitunas rellenas
salsa mayonesa


PREPARACIÓN:

Pelamos y cortamos las zanahorias en dados y las ponemos a cocer en agua con sal. En otro cazo, ponemos a cocer los guisantes desgranados en agua con sal. En ambos casos, el tiempo de cocción depende del tamaño de los cuadritos de zanahoria y del tamaño de los guisantes. Cocemos los huevos, que tardan unos 10 minutos a partir de que el agua empiece a hervir. Lo malo de los huevos es que, si no son muy frescos, pelarlos una vez cocidos se convierte en una misión imposible porque la cáscara se rompe y la membrana blanca que hay entre el huevo y la cáscara no se despega bien y hay que ir trocito a trocito. Yo os aconsejo que echéis un poco de sal al agua en la que los vais a cocer. También he oído que es igual de eficiente un chorro de vinagre, lo dejo a vuestra elección, yo os aseguro que con la sal, la cáscara sale casi de una vez. Las patatas las ponemos a cocer lavadas, enteras y sin pelar, en agua con sal, durante unos 25-30 minutos, dependerá de lo grandes que sean. Yo compruebo si están cocidas pinchando con un palillo, si entra con facilidad, están listas.

Una vez cocidos estos cuatro ingredientes, se escurren y se dejan enfriar. Una vez frías, cortamos las patatas en dados. Pelamos los huevos, reservamos algunas rodajas para adornar al final, y el resto los cortamos en trozos. Escurrimos el agua de las aceitunas, reservamos algunas para adornar, y el resto las cortamos en rodajas.

En una fuente echamos los guisantes, los dados de zanahoria, los dados de patata, los trozos de huevo, el atún desmigado y las rodajas de aceituna. Mezclamos bien.


Vamos añadiendo mayonesa a la ensaladilla y removiendo para que todos los ingredientes queden integrados. La mayonesa puede ser hecha en casa o comprada. Para hacerla en casa, basta tener un huevo, aceite de oliva, unos granos de sal y unas gotas de limón. Se echan la sal, el limón, el huevo (sin que se rompa la yema) y un poco de aceite en el vaso de la batidora y empezamos a batir sin mover de arriba a abajo el brazo de la batidora. Cuando veamos que ha espesado, añadimos más aceite, sin dejar de batir (los principiantes, es mejor que tengan un "asistente" que les vaya echando el aceite) hasta tener la cantidad de mayonesa que necesitemos.


Cuando toda la ensaladilla tenga la mayonesa bien repartida, igualamos con la cuchara y untamos toda la parte superior con más mayonesa. Adornamos con las aceitunas y las rodajas de huevo que habíamos reservado. Hay gente que le echa pimiento asado y también reserva unas tiras para adornar, quien le echa maíz, alcaparras,... Lo dicho, esta es mi versión, pero cada uno tiene la suya que, seguro, estará deliciosa. ¡Ah! y este es nuestro primer plato siempre que hacemos un pic-nic en el monte o en la playa, ¡qué rico!

domingo, 6 de mayo de 2012

Calamari nel loro nero

Oggi si celebrava in Spagna la Festa della Mamma. In onore della mia mamma, una cuoca stupenda, una sofferente nonna internazionale (con nipotini nel Messico, in Spagna e in Italia) e la meglio mamma che ci possa essere, oggi condivido con voi la sua ricetta del calamari nel loro nero. Fino a questa volta non ero mai riuscita a ottenere dei buoni risultati, invece questa volta sembrano fatti da lei.


INGREDIENTI:

750 g de calamari grandi
2 neri di calamaro (quelli dei calamari che cucineremo oppure confezionati)
1 cipolla e mezza
2 spicchi d'aglio
1 peperono verde (o rosso se non lo trovate verde com'è capitato a me)
1 peperoncino
1 po' di prezzemolo
8 cucchiai di passata di pomodoro casalinga
olio d'oliva
sale
come contorno (facoltativo): un po' di riso


PREPARAZIONE:

Puliamo i calamari togliendogli la pelle (è molto facile), il becco, la lisca lunga e trasparente e la sacca contenente il nero. Tagliateli (anche i tentacoli) e risciacquateli per bene e li lasciamo ad asciugare (Foto 1).

Tritare separatamente la cipolla, il peperono, gli spicchi d'aglio e il prezzemolo. Nella pentola a pressione, versiamo un po' d'olio d'oliva e il peperoncino. Poi aggiungiamo la cipolla tritata (foto 2) e mescoliamo. Dopo aggiungiamo il peperono, il prezzemolo e, per ultimo, l'aglio (foto 3).



Tracorsi 2 minuti, mettiamo i calamari a pezzi e la passata di pomodoro casalinga e mescoliamo bene (foto 4). Aggiungiamo il sale, ma non tanto perché non diventino troppo decisi, alla fine potremo aggiungere ancora, e chiudiamo la pentola. Facciamo fare, a fuoco non troppo forte, per un massimo di 10 minuti da quando la pentola fischi. Apriamo la pentola (foto 5). Se per caso la salsa non è abbastanza spessa, si può prendere un po' del brodo ottenuto, versarlo in un bicchiere e diluire un po' di farina e poi versarlo nella pentola per fare ingrossare la salsa. Aggiungiamo il nero (foto 6) e facciamo cuocere ancora un paio di minuti.


Possiamo servirlo accompagnato di un po' di riso in bianco, questo mia mamma non lo fa, neanche io, ma per la foto, stava benissimo :))

sábado, 5 de mayo de 2012

Txipirones en su tinta

Mañana es el Día de la Madre, en España, porque en Italia se celebra el segundo domingo de mayo. Como homenaje a la mía, que es una cocinera estupenda, una sufridora abuela internacional (con nietos en México, España e Italia) y la mejor madre del mundo, hoy comparto con vosotros su receta de los txipirones en su tinta. Hasta ahora nunca me habían salido como a ella, pero esta vez puedo decir que son como lo suyos.


INGREDIENTES:

750 g de calamar grande
2 tintas de calamar (las de los propios calamares que cocinaremos o compradas)
1 cebolla y media
2 dientes de ajo
1 pimiento verde (aquí no venden verdes, así que he usado rojo)
1 guindillita de cayena
1 puñado de perejil
8 cucharadas de tomate de casa
aceite de oliva de La Vera
sal
para acompañar (opcional): un poco de arroz blanco


PREPARACIÓN:

Limpiamos el calamar quitándole la piel (sale muy fácilmente), el pico, las entrañas y la concha interna transparente (que se llama pluma) y reservando la bolsa de tinta. Troceamos el calamar (incluidos los tentáculos), lo lavamos y lo dejamos escurrir (Foto 1).

Picamos por separado la cebolla y media, el pimiento, los dos dientes de ajo y el perejil. En la olla express, echamos un chorro de aceite y la guindilla de cayena. Después añadimos la cebolla (foto 2) y removemos. Después añadimos el pimiento, el perejil picado y por último el ajo (foto 3).



Después de 2 minutos, añadimos el calamar troceado y el tomate de casa y revolvemos bien (foto 4). Echamos sal, no mucha para que no queden muy fuertes, ya rectificaremos al final, y cerramos la olla. Los dejamos hacer, a fuego no muy fuerte, un máximo de 10 minutos a partir del pitido de la olla. Abrimos la olla (foto 5). Si la salsa ha quedado muy ligera, podemos coger con un cazo parte del caldo y echarlo en un vaso y diluir en él un poco de harina para que espese. Añadimos la tinta (foto 6) y dejamos cocer un par de minutos más.


Se puede servir acompañado de un poco de arroz blanco, esto mi madre no se lo pone, ni yo, pero para la foto queda de cine, jeje.



jueves, 3 de mayo de 2012

Pane con pomodoro e crudo

Oggi a cena c'era il crudo ibérico che si portiamo dalla Spagna ogni volta che ci andiamo. Questo è un piatto semplice e molto adatto al momento di crisi che viviamo, cioè, il pa amb tomaquet (nome in catalano) o pane con pomodoro si dice che fu inventato dai catalani (hanno la fama di avari) per approfittare il pane vecchio e i pomodori maturi. Beh, se questa è una storia vera o no, non si sa, ma va bene lo stesso perché il cibo non si butta via, soprattutto in questo momento. Il prezzo del crudo ibérico è alto, ma il pane così preparato abbina benissimo con qualsiasi salume o fritatta. Possiamo chiamare al pa amb tomaquet o pan con tomate (in spagnolo) il cugino spagnolo della bruschetta al pomodoro.


INGREDIENTI:
2 fette di pane casereccio (a testa), meglio se è del giorno prima
pomodori maruti
jamón ibérico o prosciuto crudo a fettine (molto sottili)
sale
olio d'oliva


PREPARAZIONE:

Se il pane fosse del giorno, conviene abbrustolire le fette (si rischia di perdere la mollica quando si strofina il pomodoro), se fosse vecchio, non c'è bisogno. Laviamo i pomodori e li tagliamo a metà come si vede nella foto.


Strofiniamo i mezzi pomodori contro le fette di pane. Se i pomodori non fossero abbastanza maturi, possiamo grattugiarli e poi spalmare il succo ottenuto.


Mettiamo un po' di sale sulle fette di pane e uno schizzo d'olio d'oliva su ogni fetta.


Adagiamo le fettine di crudo sulle fette. Una prelibatezza. Buon appetito!

Pan con tomate y jamón

Hoy me he dado un homenaje con el jamón ibérico que nos traemos cada vez que vamos por España. Es un plato simple y muy apto para esta época de crisis, me explico, el pa amb tomaquet (nada de pantumaca y esas aberraciones que se ven por ahí, por favor) o pan con tomate se dice que lo inventaron los catalanes para aprovechar el pan viejo y los tomates maduros. Bueno, pues si esa es la realidad o no, bien por esta idea de no tirar nada, que están las cosas muy mal. El pan con tomate no está presente sólo en Cataluña, sino también en Aragón (doy fe de esto), Baleares, Valencia y Andalucía. El precio del ibérico es el que lo deja fuera de la categoría económica, pero vaya, que este pan puede acompañar tortillas y otros embutidos con nota alta. Y tiene una prima italiana, la bruschetta al pomodoro, que es una tostada de pan de hogaza untada con ajo y tomate.


INGREDIENTES:

2 rebanadas de pan de hogaza (por persona), mejor del día anterior
tomates maduros
jamón ibérico en lonchas (muy finas)
sal
aceite de oliva de La Vera


PREPARACIÓN:

Si el pan es del día, conviene tostarlo (si no, al frotar el tomate, se suelta la miga), si es viejo, no es necesario. Lavamos los tomates y los cortamos por la mitad como muestra la foto.


Frotamos las mitades de los tomates en las rebanadas de pan. Si los tomates no están bastante maduros, podemos rallarlos con el rallador y después repartir bien la pulpa obtenida.


Echamos un poco de sal y un chorro de aceite de oliva en cada rebanada.


Colocamos las lonchas de jamón ibérico sobre las rebanadas. Es delicioso. ¡Que aproveche!