sábado, 14 de septiembre de 2013

Il sorriso

Ha richiesta della mia amica Andreea, che non parla spagnolo (ma secondo me, perché non ci ha provato), ho scritto in italiano il racconto che ho pubblicato nel libro della Scuola di Scrittori dove studio. All'inizio ho pensato che fosse difficile, ma poi ho ripensato e ho visto che sarebbe un bel esercizio per il mio italiano. Ecco il testo, spero vi piacia. Caspita! Dimenticavo dirvi che non è una storia che sia capitata a me, va bene? È la mia immaginazione.

Il sorriso

Yolanda Gil Jaca
Tarragona

Quello che sono oggi è il riflesso di quello che ho vissuto ieri.
Grazie Papa, Mamma, Eva e David.


Io ero lì, braccata e intomorita in fondo a un negozio. Il guida ce l’aveva detto all’inizio davanti all’albergo: “Che nessuno vada via dal gruppo. Se vi interessa qualcosa , lo dite a me. Lo suk (mercato) sembra un labirinto e potete perdervi”.  E ora mi lamentavo di non averlo ascoltato. Non avevo nemmeno idea di in quale parte di quella rete di stradine che era quel quartiere di Marrakech mi trovavo. Da un bel po’ che battivamo il mercato tra tendine da cui erano appesi borse e cinture con la loro forte puzza a pelle e tuniche di colori ocre o verde tutte ricamate.

Quando tutti ci eravamo fermati per ammirare gli istrumenti musicale d’un artigiano, i miei occhi hanno girato verso un negozio più in là. L’aroma a segatura e a legno appena tagliato che sprigionava e che mi era arrivato, mi ha ipnotizzata, mi he venuta in mente la falegnameria di mio nonno. Ho preso per mano a Pedro, uno dei miei amici, e siamo andati a dare un’occhiata. Una scacchiera, fatta di legno scuro e chiaro, esibito in una vetrina rudimentale, ha attirato la mia attenzione appena l’ho vista. Aveva un piccolo cassetto per i pezzi piazzato tra le quattro zampe, sotto la tavola. Il tizio del negozio ci ha invitato a entrare: “Dentro più scacchi”. Siamo entrati e mi ha additato un corridoio, dietro alla piccola bottega. C’erano altre scacchiere, di diverse misure. Mi ha fatto passare prima, cortesemente. Intanto, Pedro ha ficcato il naso di qua e di là. Ho scelto una scacchiera non troppo grande, ho chiesto il prezzo e abbiamo stiracchiato un po’. Quando finalmente ci siamo messi d’accordo, ho tirato fuori una banconota grande. “Non avere resto”, mi ha detto. Neanche Pedro aveva delle banconote più piccole.

Il mio amico è uscito dal negozio per chiedere delle banconote più piccole agli altri. Ho guardato il venditore e lui mi ha sorriso con i suoi denti ingialliti. Quel sorriso sembrava amichevole, ma mi ha fatto sentire un brivido. Soltanto allora mi sono accorta che tra me e l’uscita, oltre ai mille oggetti accatastati o messi su scaffali che formavano un piccolo labirinto insalvabile, c’era lui chiudendomi la strada. In quel momento mi è sembrato una distanza gigantesca. Ho fatto uno sforzo per tornargli un sorriso educato. L’uomo ha cominciato ad avvicinarsi a me, parlando e offrindomi altre cose: “Anche khol, per occhi belli”. Quanto più vicino era lui, più caminavo indietro per il corridoio verso il fondo del negozio e rifiutavo cortesemente le sue oferte: “No, grazie, soltanto la scacchiera”. Non facevo altro che guardare verso al ingresso, con urgenza, aspettando che Pedro tornasse con i soldi. Ho cominciato a sentire che l’aria mi mancava, il caldo, lo stress di quello spazio così ristretto e quel soggetto che era sempre più vicino. È arrivato un punto in cui la mia schiena ha trovato la parete e gli attrezzi che c’erano appesi hanno tintinnato quando mi sono appoggiata. Ho guardato a destra e sinistra, nessuna uscita, un’onda di caldo è salita all’improvviso dai miei piedi fino alle mie guance. Allora lui è venuto verso di me, senza smettere di sorridere e ho visto i suoi occhi percorrermi da piedi a testa. Non ho avuto il tempo d’agire, lui mi è venuto adosso, abbracciandomi in modo che io non ce la facessi a muovermi. La scacchiera mi è caduta dalle mani, si è aperto il cassetto e parecchi pezzi sono saltati fuori e sono rotolati per il pavimento. Sono rimasta senza fiato, per un secondo. Mi sono irridigita come un tronco. Lui ha chiuso gli occhi e ha cominciato a recitare una litania, qualcosa semblante a una preghiera bisbigliata, inintelligibile da me. Ha stretto il suo corpo contro il mio e ho sentito nella mia pelvi il suo membro duro. Lo stomacho mi è salito in gola e ho pensato che vomitasse il tè che avevamo preso poco prima. Ho cercato di liberarmi, ma era impossibile. Mentre lui mi si strusciava adosso, mi è invaso il suo odore corporale, puzzolente, a sudato, non sentivo più l’aroma a segatura e legno dell’inizio. E anche se io lottavo per rilasciarmi, non sono stata in grado di chiedere aiuto; avevo la bocca secca e qualcosa nella mia gola m’intralciava le parole. Allora mi sono accorta che lui intendeva baciarmi, ho girato la mia testa, ho chiuso gli occhi, ho serrato le labbra e ho tenuto duro la respirazione. Ha messo la sua bocca nella mia guancia e il bacio è suonato. Lui si è stupito di non essere riuscito a darmelo in bocca perché ha allentato l’abbraccio. Quello mi ha fatto finalmente agire e mi sono liberata, l’ho spinto, è barcollato e poi è caduto su uno scaffale. Sono saltata sopra le sue gambe e ho cominciato a chiamare al mio amico: “Pedro! Pedro!”, spaventata sono corsa verso all’esterno facendo cadere alcuni oggetti.

Fuori, la folla andava e tornava, inconsce a quello che capitava in ogni negozio. Tra la gente, finalmente, è apparso Pedro che mi ha chiesto sorpreso: “Hai già pagato?”. Mi tremava tutto il corpo e le gambe mi tenevano appena. Mentre gli spiegavo alla rinfusa quello che mi era successo e lo incolpavo per avermi lasciato da sola nel negozio, gli altri si sono radunati con noi. Il guida mi ha rimproverata per andare via dal gruppo, mi mancava soltanto quello e ho cominciato a piangere. All’improvviso qualcuno mi ha toccato la spalla e ho sentito dietro: “Scacchiera”. Mi sono girata e ho visto il tizio del negozio. Incredibile, aveva così poca vergogna di cercare ancora di vendermela dopo quello che aveva voluto fare. Piena di rabbia gli ho gritato: “ Vai via! Non lo voglio più!”, gesticolando in modo che lui capisse il mio messaggio. Il nostro guida si è messo a parlare con lui. Hanno scambiato quattro parole nella loro lingua e il guida ha preso il sacchetto con la sacchiera. Quello del negozio se n’è andato, ma prima mi ha dedicato un ultimo sorriso in cui, stupita, ho percepito tenerezza e gratitudine. Il guida mi ha dato il sacchetto e mi ha detto: “Te la regala”.

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